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lunedì 23 dicembre 2019

Una moneta falsa mi ha fatto diventare collezionista.

5 lire 1914 "Quadriga Briosa " Regno Vittorio Emanuele III.

Posseggo questa moneta da oltre 40 anni ,trovata da ragazzino tra le cianfrusaglie del nonno. l'ho sempre custodita con attenzione ,pensando di avere tra le mani un pezzo di storia.
Passano gli anni e le monete mi affascinano sempre di più. Ne raccolgo di tutti i tipi,di tutto il mondo, faccio perfino le raccolta settimanali della Fabbri con monete di tutto il mondo ,ma quelle che mi piacciono e mi appassionano di più sono quelle del Regno di Vittorio Eman. III  e Repubblica. Ho sempre come riferimento di bellezza questa moneta da 5 Lire del 1914 , bella ,grande e importante .


Passano ancora gli anni e mi trasferisco a Milano per lavoro (per poter lavorare) e dopo qualche tempo porto su anche le mie amate monete. Intanto continuo la mia collezione , ne compro e ne accumulo ancora. Arriva internet che ci porta il mondo in casa , puoi leggere, acquistare,documentarti, e perfino chiedere se una moneta è autentica oppure no. Così un giorno,chissa perchè poi, forse perchè nel frattempo avevo scoperto che aveva un certo valore , mi son deciso a chiedere anche io una consulenza on line. L'esito o verdetto che ricevetti fu un'autentica frustata. Una vera e propria bastonata. La moneta che da vari anni custodivo e conservavo con cura, che ammiravo e rimiravo ,che paragonavo con le altre, e con lei da queste sfide ne veniva fuori sempre vinncente, è falsa.
Ricordo che quasi litigai con gli esperti del foro di lamoneta.it , non riuscendo a capire come mai ostentavano tanta sicurezza guardando una semplice foto. Andai perfino in centro a Milano per farla esaminare , e i periti con um minimo di esame , quasi senza impegno confermarono il verdetto . Falsa.Irrimediabilmente falsa.
Chiaro che alla lunga me ne feci una ragione e quasi per rivalsa acquistai una moneta del regno rara ,non come questa ma importante anche lei. Questa 5 lire 1914 la conservo ancora ,ma non come uno scarto o semplice tappabuchi. La custodisco come Capostipite, come fonte di origine, come madre di tutte le mie monete e come compagna di viaggio nel mondo della numismatica ,visto che lei mi accompagna dall'inizio in questo mio cammino.

domenica 10 novembre 2019

COMMISSARIO BASETTONI

Immaggine presa dal Web
Il commissario Basettoni è un grande amico di Topolino. I due si ritrovano spesso ad effettuare indagini su casi misteriosi e a sgominare bande di criminali a Topolinia. La prima apparizione di Adamo Basettoni è avvenuta nel 1939. Il personaggio è stato disegnato per la prima volta nelle strisce di Mickey Mouse Outwits the Panthom Blot (Topolino e il mistero di Macchia Nera), realizzate da Floyd Gottfredson e Merrill de Maris. Le strisce furono pubblicate dal 20 maggio di quell’anno al 9 settembre 1939 su alcuni quotidiani americani.


Le origini e l’amicizia con Topolino

L’origine del personaggio è molto probabilmente irlandese, come suggerito anche dal nome originale di Basettoni (Chief O’ Hara). In quegli anni, infatti, erano in tanti gli autori che associavano queste origini ai personaggi che svolgevano il ruolo di poliziotti. Commissario molto abile, è riuscito in molti casi a cavarsela da solo, senza l’aiuto di Topolino. Ma contro certi nemici, come appunto Macchia Nera, l’abilità e l’astuzia del topo costituiscono un grande aiuto per arrivare alla soluzione positiva del caso.
Eppure alla fine della prima storia in cui il commissario è apparso, Adamo aveva detto di sperare di non dover chiedere nuovamente la collaborazione di Topolino. Evidentemente le cose sono andate in modo diverso e l’amicizia con Topolino si è rafforzata davvero tanto, anche se il piccolo topo continua a parlargli dandogli del “voi”.
Un commissario onesto e capace di guidare una squadra composta, tra gli altri, anche dall’ispettore Manetta (che inizialmente non poneva molta fiducia nei confronti della collaborazione della polizia con Topolino) e dell’ispettore Rock Sassi. Basettoni è rappresentato quasi sempre con la divisa da poliziotto. Inoltre è apparso anche come “supereroe” in alcune storie brasiliane dedicate al Club dei supereroi.


Il commissario Basettoni contro i Bassotti

Pochi sanno che Basettoni ha collaborato spesso nella risoluzione di casi a Paperopoli. E c’è un motivo ben preciso. Negli Stati Uniti inizialmente non c’è stata una vera suddivisione tra le città di Paperopoli e di Topolinia, che rappresenta una novità italiana. Sarà a partire dagli anni ’80 che anche in America le storie recepiscono questa suddivisione.
Per questo motivo Basettoni negli anni ’70 si ritrovava, nelle storie di produzione americana, ad operare come commissario in una sorta di città immaginaria. Una città popolata a metà tra il mondo dei paperi e quello dei topi. Insomma, è curioso leggere alcune vecchie storie in cui l’onesto Adamo ha a che fare con i Bassotti che cercano di derubare Paperone oppure altre in cui Gambadilegno scappa dai poliziotti a bordo della 313 di Paperino!


L’aspetto fisico

Per molto tempo l’aspetto fisico di Basettoni non è stato associato a dei riferimenti grafici specifici, che avrebbero dovuto guidare gli autori nel disegnare questo personaggio. Spesso i fumettisti disegnavano una loro versione del commissario Basettoni, mutando il suo aspetto tra una storia e l’altra. A volte aveva i capelli bianchi. A volte erano grigi e anche le sue orecchie apparivano a volte tipicamente canine e altre volte umane. In questo senso il caso più eclatante fu quello di Pier Lorenzo De Vita, che arrivò a rappresentare Basettoni come un vero e proprio uomo.
Molti cambiamenti anche per quanto riguarda la divisa indossata da Adamo Basettoni. Essa cambiava di volta in volta in base al periodo e al Paese in cui veniva pubblicata la storia che si riferiva a lui. In generale, facendo riferimento anche al suo aspetto più definito, possiamo parlare di Basettoni come un cane antropomorfo, di corporatura robusta, con calvizie accentuata e delle lunghe basette. Proprio a queste ultime è ispirato il suo nome italiano.

Il carattere di Basettoni

Il carattere di Basettoni è di solito molto bonario. Apparentemente appare improntato ad un certo rilassamento. Ma il nostro commissario sa anche essere piuttosto combattivo, quando si tratta di entrare in azione e contrastare i pericoli. Sa essere anche molto grintoso, conosce bene il suo lavoro. Nella sua vita personale è un marito fedele e che mostra un grande affetto nei confronti della moglie Petulia. Nei confronti di quest’ultima mostra un’indole passiva, cercando di non contraddirla mai.

La moglie Petulia

Non sempre la famiglia di Basettoni è stata presa in considerazione da tutti gli autori. A volte lo avevano dato come non sposato. Per la prima volta nella storia “Topolino contro Topolino” del 1953 gli era stata attribuita una famiglia: si trattava di una moglie e di un bimbo di 5 mesi. Questi personaggi, però, non erano stati disegnati e non apparivano nella storia. Molto curioso è l’episodio del 1965 “Macchia Nera, Maga Magò e il principe Charmant”, quando Basettoni si ritrova quasi quasi a sposarsi con Maga Magò. Le nozze alla fine tuttavia non hanno luogo.
Petulia, la moglie che viene attribuita a Basettoni, è stata creata da Scarpa in collaborazione con Massimo Marconi e Giorgio Pezzin. La prima volta che viene disegnata Petulia è stata nella storia “Basettoni e la dieta da fame”, pubblicata su Topolino 2109 nel 1996.
Anche Petulia viene raffigurata come un cane antropomorfo. E’ un personaggio molto elegante. I suoi abiti caratteristici sono quelli con motivi floreali. Porta con sé di solito una borsetta. Come il marito è di corporatura robusta. Nella storia “Trudy, Petulia e la sfida all’ultimo crimine”, che è stata pubblicata su Topolino 2395, Petulia diventa amica della moglie di Gambadilegno. E’ molto curioso vedere come spesso, per motivi contrastanti, le due si ritrovino negli stessi luoghi.

Topolino e Basettoni, compagni di avventure

Se ci chiediamo come mai sia stato creato il ruolo del commissario Basettoni, scopriremo che questo personaggio è stato creato proprio per fungere da chiave nell’orientare Topolino verso una dimensione tipica da detective. Infatti spesso Basettoni riesce a risolvere i suoi casi difficili proprio con l’aiuto di Topolino. In questo senso dobbiamo ricordare in modo particolare l’azione di Romano Scarpa. Quest’ultimo ha messo spesso in relazione i due personaggi. Li ha proposti come compagni di avventure e si scambiano perfino visite di cortesia a casa.
Il pregio di Romano Scarpa è stato quello di presentarci Adamo Basettoni in tutta la sua versione quotidiana. Il tutto anche facendocelo vedere nei momenti di relax nella propria abitazione. In questo modo si conferisce un maggiore spessore psicologico al personaggio ed esso diventa più reale. Ricordiamo che è stato lo stesso Scarpa, nel 1996, a dare il nome proprio al commissario Basettoni, chiamandolo Adamo.

Fonte :https://www.topopedia.it/

QUELLO IN BASSO IN FOTO SEMBRA ESSERE L'ALBO DEL 1948 IN CUI PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA APPARE BASSETTONI.

Immaggine presa dal Web



lunedì 4 novembre 2019

mercoledì 30 ottobre 2019

Si contiunano a festeggiare gli 85 anni di Paperino: Ecco l'album Panini.

Arriva con il n: 3336 di Topolino anche l'album dedicato a Paperino e ai suoi 85 anni. 


L'album è molto bello con una pregevole copertina con disegni in rilievo. Delude la qualità delle figurine,almeno a giudicare da quelle in omaggio con l'album stesso. Va detto però che da quando la Panini ha preso in mano Topolino &company il merchandising sembra la parola d'ordine.



domenica 27 ottobre 2019

Servizio fotografico ad una vecchia Balilla Fiat.

A volte andando in giro ci si imbatte in piacevolissime ed inaspettate sorprese.


Magari non funziona più il motore,ma rimane stupenda.

sabato 26 ottobre 2019

Germania 2 euro 2019 - "30° anniv. Caduta muro di Berlino”

Resto fortunato dato a mio figlio in Germania in FdC.


Al centro della moneta mani alzate in segno di giubilo e colombe in volo passano dal varco finalmente aperto tra Berlino Ovest e Berlino Est; su uno dei lati del muro la scritta che ricorda l’evento "30 Jahre Mauerfall"; in alto una piccola Porta di Brandeburgo stilizzata; in basso il millesimo di conio e il segno “D”, che identifica la Germania. Sul bordo esterno 12 stelle a cinque punte rappresentanti l'Unione Europea. Autore: Joaquin Jimenez.

domenica 20 ottobre 2019

Majorca: scoperta un’antichissima spada risalente all’Età del Bronzo, circa

Straordinaria scoperta, nell’isola spagnola di Majorca, da parte di un gruppo di archeologi che, per caso, notano tra le rocce, un’antichissima spada risalente all’Età del Bronzo, circa 3.200 anni fa.

Foto presa dal web


Accanto ad un megalite sito nell’area archeologica, detto anche “talaiot”, è stato rinvenuto questo prezioso manufatto molto ben conservato, appartenente alla poco nota civiltà “Talaiotica”, risiedente nelle Isole Baleari dal 1.300 a.C., fino a circa il I secolo a.C.


La sorpresa che ha colto il team che scavava nell’isola è stata grande, perché il sito archeologico era stato saccheggiato nell’antichità ed era già stato scavato più volte nel corso degli anni passati, quindi si pensava che nulla fosse rimasto.
La spada, probabilmente, è stata lasciata in quel luogo deliberatamente, forse come offerta di una famiglia nobile; questa interpretazione assegnerebbe alle strutture megalitiche un ruolo religioso e cultuale e non difensive, come qualcuno sostiene.
L’importante ritrovamento risulta quindi utilissimo per approfondire lo studio e la conoscenza della civiltà Talaiotica, la cui esistenza è testimoniata da decine di siti presenti nelle Baleari.
La spada sarà presto trasferita e conservata nel Museo di Maiorca.


Zio Paperone n12 con numero uno .

E potevo farmela mancare ?


domenica 29 settembre 2019

Una Domenica mattina al Bonelli point di Milano

Bella Domenica mattina  con mio fratello al Bonelli point di Milano , guadagnandoci anche  splendidi gadget come i due portachiavi di Tex e Zagor.








venerdì 27 settembre 2019

Diabolik: Il re del terrore di Clerville!: A novembre 2019 arriva il Diaboliko Calendario!









Diabolik: Il re del terrore di Clerville!: A novembre 2019 arriva il Diaboliko Calendario!: L'albo inedito di novembre , L'ora fatale, recherà un dono per tutti i fan di Diabolik, il Diaboliko Calendario! Il costo totale s...

Italia divisionale Euro 2003

Quasi tutti i paesi che hanno adottato l'euro come moneta, oltre ai classici valori nominali, hanno coniato anche monete commemorative da collezionismo con valore nominale di 5€. L'Italia ha iniziato a coniare monete in argento da 5€ nel 2003. ... 50 anni di trasmissioni televisive (tiratura 40.000 - con serie divisionale) ... 

Diciamo che allora nell'acquisto sono stato anche fortunato,perchè è in questa serie che si trova quella che forse è la moneta italiana al momento più rara : Quella da cinque centesimi proprio di quell'anno.


domenica 8 settembre 2019

Francia 2 Euro commemorativa 70° anniversario sbarco in Normandia


2 Euro francese coniato nel 2014 per la commemorazione del 70 anniversario dello sbarco alleato in Normandia.

In mezzo la scritta D-Day in modo da raffigurare un carro armato sul cui cannone sono riportate le date 1944-2014.

Le tipiche impronte degli scarponi indossati dagli eserciti americano,britannico e canadese scompaiono cancellate da un'onda costituita da versi di Verlaine.

mercoledì 28 agosto 2019

venerdì 16 agosto 2019

Lira dell'Africa Orientale Italiana

 Storia della Lira in Africa orientale italiana

Da "Wikipedia" enciclopedia libera

Il regio decreto legge 2 luglio 1936, n. 1371, poi convertito nella legge 11 gennaio 1937, n. 260, aveva introdotto la lira italiana come unica valuta avente corso legale in Etiopia, contestualmente mettendo fine al regime derogatorio vigente in Eritrea[2][3]. Il periodo di transizione fu stabilito per le banconote in tre mesi, dal 15 luglio al 15 ottobre 1936, e in un solo mese per le monete, da convertirsi entro il 15 agosto.
Il problema concreto nasceva però dal particolare sistema monetario etiope che si basava su un'antica moneta d'argento, il tallero di Maria Teresa che, grazie al suo valore intrinseco in valuta pregiata , era perfettamente mantenuta circolante ed accettata nel paese, tanto che anche le banconote e le monete ne erano in realtà un controvalore derivato in corso forzoso. Se il cambio della cartamoneta e delle monetine avvenne nei tempi previsti e nel tasso obbligatorio di un tallero per tre lire, i fascisti non poterono fare altrettanto con i talleri argentei, pena la tesaurizzazione degli stessi.
Il tasso di cambio imposto dall'Italia era oggettivamente sproporzionato e attinente a considerazioni politiche e belliche, e per nulla economiche, su un paese conquistato. Nel 1936 la zecca di Roma coniò una moneta argentea da 5 lire del peso di 5 grammi[4], mentre il tallero teresiano pesava 28 grammi[5]: ciò comportava un rapporto intrinseco di mercato di 28 a 5, del tutto estraneo a quanto stabilito per legge.
Il governo italiano tentò quindi di sbloccare lo stallo mediante l'emissione di una cartamoneta a tassi più realistici, ma con caratteristiche tecniche tali da impedirne la circolazione nella madrepatria, onde non generare inflazione o fenomeni di speculazione. Le prime banconote furono stampate dal 12 settembre 1938 ad un cambio di 4 lire e mezza per un tallero, ma non sortirono l'effetto sperato, e il 13 gennaio 1939 venne emessa una nuova produzione a 5 lire per un tallero[6]. Con lo scoppio della guerra e la temporanea occupazione della Somalia britannica tra il 1940 e il 1941, anche qui si tentò di introdurre la lira seppur in coabitazione con lo scellino, offrendo un cambio fra il tallero e le banconote AOI portato a 13 lire e mezza.
L'occupazione inglese dell'Africa Orientale Italiana comportò un'ampia diffusione dello scellino dell'Africa Orientale in tutto il territorio, dato che i pesanti segnali inflativi che si prospettavano sulla lira spingevano gli stessi abitati a coprirsi finanziariamente dotandosi di una valuta più stabile, tanto che il cambio pari a 24 lire dell'Africa Orientale Italiana imposto dal Comando militare britannico di Mogadiscio del generale Cunningham, emessa il 2 marzo 1941, divenne in poco tempo quasi vantaggioso. L'ordinanza militare poneva inoltre in vigore svariate valute del composito Impero britannico, dalla sterlina egiziana alla rupia indiana, oltre alla nuova liberalizzazione del tallero di Maria Teresa con un tasso di cambio che, significativamente, era stabilito in 45 lire per un tallero. La lira italiana rimaneva comunque valida per il commercio al dettaglio, ma le speciali banconote AOI, divenute un simbolo truffaldino, furono subito poste fuori corso. In ogni caso, nel giro di pochissimi anni fu la stessa popolazione locale a premunirsi di disfarsi delle svalutate lire, e fu dallo scellino britannico che il restaurato governo etiope creò nell'immediato dopoguerra il nuovo tallero etiope.
La fine delle banconote AOI non ebbe però luogo in Africa bensì proprio in Italia perché nel 1942 il Ministero del Tesoro, rimasto a corto di valuta circolante a causa della sempre più difficilmente arginabile inflazione, autorizzò l'emissione nel territorio metropolitano degli stock di banconote già prodotte l'anno prima ma mai portate in un'Africa ormai persa. Una quantità imprecisata di banconote fu poi inoltre riportata in Italia nel 1943, al fine di disfarsene, proprio dalle truppe inglesi che stavano man mano occupando il paese insieme agli statunitensi. Anche questa cartamoneta contribuì ovviamente alla devastante inflazione che martoriò la lira negli anni successivi.





Statibandiera Africa Orientale Italiana
Italia Italia(1942-1943)
Banconote50, 100, 500, 1000 Lire
Entità emittenteBanca d'Italia
Periodo di circolazione12 settembre 1938 - 30 novembre 1941[1]
Sostituita daScellino dal 27 novembre 1941
Tasso di cambio1 Tallero d'Eritrea = 5 Lire (13 gennaio 1939)  
AOI (banconota).jpg

Tagli

 

Nel 1938 furono stampate banconote col valore di 50, 100, 500 e 1000 lire: i disegni erano gli stessi delle banconote italiane, con la differenza che vi era stampata la scritta "Serie Speciale Africa Orientale Italiana".
Come residuo dell'uso della lira italo-africana, fino alla fine degli anni sessanta in Somalia veniva usata l'espressione lix lira (cioè, "sei lire") per indicare i venticinque centesimi di scellino somalo.

Fonte :https://it.wikipedia.org/


ONE DOLLAR PRINCESS DIANA OF WALES ,COOK ISLANDS 1997 .


UNO DEI PEZZI FORTI DELLA MIA COLLEZIONE .

 


mercoledì 7 agosto 2019

Annuncio ricerca di un attore per Diabolik nel 1965

Immaggine presa dal web

Locandina apparsa nell'albo "LArtiglio del Demonio" N 9 seconda serie del 3 maggio 1965.

Si trattava di un annuncio della Italy Film per la selezione di un attore per il ruolo di Diabolik nel film che verrà prodotto da Antonio Cervi.

Ben presto però l'intenzione di affidare la parte ad un attore sconosciuto verrà abbandonata in favore di un attore di fama internazionale.

Si pensa così ad Alain Delon , ma ritenuto troppo costoso dal produttore Cervi si opta per il più economico Jean Soreil , già noto per "Vaghe stelle dell'Orsa" di Visconti.

Immaggine presa dal web

martedì 6 agosto 2019

Palermo - Autobus a Gassogeno

Autobus a Gassogeno (trasformato dalla SAIA di Palermo) 

Fine anni 30 del 900

Foto presa dal web- Tratta dal libro :Il trasporto pubblico a Palermo -di Salvatore Amoroso-edito da Gidue

sabato 27 luglio 2019

domenica 21 luglio 2019

La nascita del Cristianesimo ufficiale, Costantino e il suo concilio di Nicea





Di Alberto Massaiu




Il concilio di Nicea è a mio parere l’evento storico che ha avuto, in positivo o in negativo dipende dal proprio personale punto di vista, i maggiori effetti sull’intera umanità negli ultimi diciassette secoli. Forse, e qui azzardo un’ipotesi, se non ci fosse stato Gesù Cristo e la religione da lui ispirata non sarebbero il culto più diffuso ai nostri giorni, e forse neanche l’Islam sarebbe nato nelle sabbie dell’Arabia.
Tutto poteva essere diverso se quella manciata di uomini (poco più di 300) non si fossero incontrati nel 325.
Il concilio, o forse è meglio chiamarlo sinodo (dal greco synodos, da syn “insieme” e odòs “cammino”), puntava a riunire tutti i più importanti esponenti della relativamente nuova religione (aveva meno di tre secoli di vita) per riordinarla e riorganizzarla, visto che ognuno intendeva la figura di Cristo e il suo messaggio in modo differente.

Costantino, imperatore di Roma, era uscito da vent’anni di guerre civili, scatenate quasi tutte da lui per scardinare il sistema tetrarchico (basato sull’idea di Diocleziano di dividere l’impero in quattro parti, con due augusti – imperatori “maggiori” – e due rispettivi cesari – imperatori “minori” ed eredi dei rispettivi augusti) e regnare su tutto il dominio di Roma.
Le sue vittime, per raggiungere il potere assoluto, furono parecchie:
1) Massimiano, ex augusto e collega di Diocleziano per l’Occidente, costretto al suicidio dopo la presa di Massilia nel 310.
2) Massenzio, figlio di Massimiano e augusto d’Occidente (di cui Costantino era, in linea teorica, l’erede, in quanto cesare d’Occidente), sconfitto e ucciso alla battaglia di Ponte Milvio nel 312, resa famosa per il messaggio “In hoc signo vinces”, ovvero “Con questo segno vincerai”;
3) Bassiano, cesare d’Italia e cognato di Costantino, che si era ribellato alla sua autorità tra il 315 e il 316.
4) Aurelio Valerio Valente, cesare di Licinio (collega di Costantino in Oriente, ma anche antagonista per la lotta alla supremazia) che fu giustiziato da quest’ultimo dietro specifica richiesta di Costantino in cambio di una tregua nel 317.
5) Sesto Martiniano, altro cesare di Licinio, giustiziato alla fine del secondo conflitto contro Licinio, nel 324.
6) Licinio, sconfitto e ucciso dopo ben due conflitti tra il 316 e il 324. Licinio, imperatore dell’Oriente, era stato il co-autore del celeberrimo Editto di Milano del 313 (quando lui e Costantino parevano ancora amici, o è meglio dire quando progettavano di allearsi per far fuori un altro rivale, Massimino Daia), che permetteva ai cristiani di professare liberamente la loro religione.
Un particolare inquietante: Costantino, nel 324, aveva promesso a Licinio salva la vita se si fosse arreso senza opporre ulteriore resistenza, ritornando ad essere un privato cittadino. Giusto l’anno dopo, con l’accusa di un fantomatico complotto, Costantino fa impiccare l’ex rivale a Tessalonica.



Mi permetto di aggiungere un ennesimo corollario più adatto alla cronaca nera che alla trattazione storica, ma credo serva a inquadrare bene un potente e controverso personaggio, vero architetto del Concilio di Nicea: negli anni successivi al conseguimento del potere assoluto Costantino continuò a far fuori persone, spesso all’interno della sua famiglia (un vizio che i suoi figli mantennero, sterminandosi a vicenda in congiure e guerre civili fino all’ultimo dei costantinidi, Giuliano l’apostata).
Nel 326 fece uccidere a Pola il figlio primogenito Crispo, figlio di Minervina, per una presunta relazione con Fausta (sua seconda moglie) e Liciniano, figlio della sorella Costanza e di Licinio (eh si, il povero Licinio era anche suo cognato). Quindi fece affogare nel bagno anche la moglie Fausta, forse perché si rese conto che questa aveva ordito un complotto contro Crispo, per avvantaggiare i suoi figli nella linea di successione. Ad ogni modo, un bel CV.
Non ho scritto tutto questo per demonizzare Costantino, che di per sé agì esattamente come facevano i suoi contemporanei, ma solo per evidenziare che questi era tutto tranne che impernato di valori cristiani come la pietà, la tolleranza, la bontà o il perdono, ma agì come un sovrano autocrate e spietato con i suoi nemici, mettendo il potere e la ragion di Stato davanti all’eventuale fede che professava.
“Nel caso di un uomo geniale, al quale l’ambizione e la sete di dominio non concedono un’ora di tregua, non si può parlare di cristianesimo o paganesimo, di religiosità o irreligiosità consapevoli. Un uomo simile è essenzialmente areligioso, e lo sarebbe anche se egli immaginasse di far parte integrante di una comunità religiosa”
Jacob Burckhardt, ne Costantino il Grande e i suoi tempi
Gli storici moderni sono divisi sulla sua effettiva e sincera conversione al cristianesimo. Alcuni dicono che partì con il leggendario sogno del 312, poco prima della battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio. Di questo fatto, avvenuto la notte del 27 ottobre, abbiamo alcune versioni, tutte di autori cristiani.
Lattanzio afferma che la visione ordinò a Costantino di apporre un segno sugli scudi dei propri soldati riferito a Cristo. Nella sua versione questo è descritto come uno staurogramma, una croce latina con la parte superiore cerchiata come una P.


Eusebio, vero e proprio biografo ufficiale dell’imperatore, oltre che suo amico personale, riporta due versioni dell’accaduto. La prima, contenuta nella Storia ecclesiastica, afferma esplicitamente che il dio cristiano abbia aiutato Costantino, ma non menziona nessuna visione. Nella Vita di Costantino, invece, lo stesso autore fornisce una dettagliata descrizione della visione affermando di averla sentita dall’imperatore stesso. Costantino gli disse che stava marciando col suo esercito quando, alzando lo sguardo verso il sole, vide una croce di luce e sotto di essa la frase greca “En touto nika”, che reso nel più famoso motto latino “In hoc signo vinces” si traduce “Con questo segno vincerai“.
Questa apparizione magica, su cui dobbiamo credere sulla parola al solo Costantino (nessun ufficiale o soldato dell’epoca ha segnalato nulla del genere e non potevano essere tutti analfabeti), aveva solo confuso il condottiero, perciò, per buona misura, l’imperatore affermò di aver avuto, quella notte stessa, anche la visita di Gesù Cristo stesso. Visto che il suo messaggio di luce tra le nuvole era risultato poco chiaro, gli disse senza troppi giri di parole di usare il segno della croce contro i suoi nemici. Così venne creato il sacro labarum, lo stendardo usato da Costantino in guerra, recante il segno Chi-Rho.

Ad ogni modo posso sfatare un diffuso falso mito. I cristiani, all’epoca di Costantino, non erano la maggioranza all’interno dell’impero romano. Studi di storici e archeologi come Paul Vayne hanno dimostrato che gli aderenti alla nuova religione non contavano più del 10% della popolazione. In più, a peggiorare le cose, non credevano tutti nelle stesse cose, con risultati spesso confliggenti tra loro.
Eppure il cristianesimo aveva delle potenzialità che il sovrano volle sfruttare come instrumentum regni. Perciò si mise a giocare una partita delicata e pericolosa, cercando di mettere ordine nel caos dogmatico seguito allo sviluppo del messaggio del rabbi ebreo Gesù di Nazareth.
La Chiesa cattolica al tempo era tutto il contrario di tutto, persino del proprio nome (in greco katholikòs vuol dire universale). Già nel 314 Costantino aveva avuto un assaggio dei dissensi teologici dei cristiani, mentre cercava di trovare un accordo con i donatisti, fanatici seguaci del vescovo di Cartagine: Donato. Questi si faceva forte della resistenza (fino alla morte) durante le persecuzioni di Diocleziano, condannando tutti coloro che si erano nascosti e avevano fintamente abiurato Cristo per sopravvivere.
Partendo da questo assioma, tutta la Chiesa era scomparsa a causa della codardia dei traditori tranne che in Africa, rendendo questa corrente una vera e propria spina nel fianco del potere imperiale su di una provincia strategica per qualsiasi imperatore d’occidente. Costantino, dopo il tentato dialogo, decise di far condannare e perseguitare i donatisti (andando contro il suo stesso Editto di Milano dell’anno prima, che garantiva completa libertà di credo religioso), che non si volevano allineare ai suoi progetti di inclusione e risistemazione teologica, linea di condotta seguita da quasi tutti i suoi successori fino alla quasi totale scomparsa della loro corrente sotto l’azione di Sant’Agostino, tra il 395 e il 430.

Dieci anni dopo il sinodo di Arles Costantino decise di affrontare un’altra disputa, quella sollevata dai seguaci di Ario, vescovo di Alessandria. Il tema divisivo riguardava niente poco di meno della stessa origine di Gesù Cristo. Era egli nato dal Padre (quindi della sua stessa natura, eterno) oppure, come affermavano gli ariani, era stato creato dal Padre (quindi di natura finita, individuabile nel dato periodo di tempo in cui era vissuto sulla terra)?
La questione stava spaccando in due il cattolicesimo, con tutto il suo corollario di scontri, ripicche, lamenti e suppliche all’imperatore, che doveva di volta in volta leggere lettere e petizioni oppure concedere udienza ad una e all’altra parte. Perciò Costantino, da sovrano pratico di estrazione militare, decise di convocare la più grande assemblea dei vescovi che si fosse mai vista, per risolvere in un colpo solo tutte le dispute e dare forma ad una religione che potesse entrare nell’intelaiatura istituzionale dell’impero, come era stato fatto per tutte le altre fino ad allora.
Il sovrano per l’occasione fece le cose in grande, invitando a sue spese tutti i vescovi della cristianità nella residenza imperiale di Nicea. In tutto vennero convocati 1.800 prelati, 1.000 circa dall’Oriente e 800 dall’Occidente, ma per ragioni logistiche giunsero nella città solo 300 di loro, per la maggior parte orientali (da ovest presero parte ai lavori solo due delegati del Papa Silvestro, che non si mosse dalla sua sede, i vescovi di Cordova e Cartagine e altri tre, rispettivamente uno italico, uno gallico e uno pannonico).
Costantino aprì il concilio, intervenne nel dibattito e ne determinò l’andamento. Le cose andarono male sia per i seguaci di Ario, sia per quelli di Melezio e anche per i cristiani gnostici, le cui differenti visioni su Gesù Cristo (sia come natura, sia come messaggio) vennero rigettare in toto. Quando gli ariani lesserò il loro credo, giusto per fare un esempio, al loro portavoce venne strappato di mano il foglio e ridotto in mille pezzi prima ancora che avesse finito.

L’obiettivo del sovrano fu quello di porre punti fermi sulle dispute cristologiche e sulla dottrina, sulla scelta dei vangeli da seguire, sulla riorganizzazione di aspetti giurisdizionali e organizzativi in quell’istituzione che nei suoi piani doveva diventare un pilastro dello Stato assieme alle altre religioni dell’impero.
Le decisioni del concilio andavano prese all’unanimità e perciò Costantino, attento alla forma, cacciava dall’aula o espelleva chi si manifestava contrario alle scelte che lui faceva e imponeva ai vescovi tutte le volte che non si mettevano d’accordo tra di loro. Alla fine, con questi metodi spicci e autoritari, i lavori vennero chiusi in appena due mesi, gettando le basi del cristianesimo istituzionale.
Per prima cosa venne approvato il credo o simbolo niceno, che verrà in seguito implementato con il concetto trinitario (Padre, Figlio e Spirito Santo), dal secondo concilio ecumenico di Costantinopoli, solo nel 381. Ecco il testo del credo niceno in italiano:

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente,

creatore di tutte le cose visibili ed invisibili.

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,

unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre.

Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, 

generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. 

Per mezzo di lui tutte le cose sono state create, 

per noi uomini e per la nostra salvezza discese,

si è incarnato e si è fatto uomo.

Mori, il terzo giorno è resuscitato, è salito al cielo,

verrà per giudicare i vivi e i morti.

Credo nello Spirito Santo.

Cosa mancava rispetto ad oggi? Vi era già indicato lo Spirito Santo, che era il vento, il respiro o la potenza di Yahweh secondo il termine ebraico ruach, tradotto nel concetto platonico e metafisico del greco pneuma. Questo Spirito Santo non era ancora associato al Padre e al Figlio nella Trinità, cosa che verrà decisa solo sessant’anni dopo. Non era indicata neanche la nascita di Gesù da Maria, probabilmente per non lasciare adito agli ariani che lo reputavano creato dal Padre (quindi successivo a lui e in quanto tale non eterno), cosa che viene rimarcata nel passo “Generato, non creato, dalla stessa sostanza del Padre”. Questa dottrina, detta dell’homooùsios, sanciva che Dio Padre e Gesù Cristo erano della stessa essenza (ousìa in greco), quindi entrambi co-eterni.
È infine assente tutta l’ultima parte, con il concetto del filioque (e procede dal Padre e dal Figlio) che risulta essere ancora oggi nodo di discordia tra cattolici e ortodossi e quello del credere nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica (sempre inserito nel 381).


Messi fuori gioco gli ariani, il simbolo niceno attaccò anche le dottrine gnostiche, che non credevano nell’incarnazione, nella morte e nella resurrezione della carne del Cristo (per loro puro spirito). Perciò venne ribadito il fatto che Gesù si era incarnato, era morto e infine risorto.
In base a queste disposizioni, tutto quello che era stato deciso a Nicea diventava d’ora in poi verità assoluta e di riflesso chi non vi si atteneva era eretico e perseguibile, gettando le basi per secoli di lotte e persecuzioni. La pena per l’eresia era la scomunica, l’esilio e nel caso peggiore (se ci si rifiutava di abiurare le proprie false credenze) la morte.
Infine, a corollario di tutto questo, in quei giorni vennero discusse anche questioni amministrative e gestionali relative all’organizzazione della futura Chiesa istituzionale. Ad esempio il vescovo della capitale della provincia civile divenne superiore agli altri vescovi locali, con il titolo di metropolita, mentre Roma, Alessandria e Gerusalemme (in seguito anche Costantinopoli e Antiochia) avevano dei vescovi con una giurisdizione speciale, superiore ai metropoliti stessi.
Per inserire le festività cristiane nel calendario ufficiale romano, Costantino decise di fissare anche il giorno di festa settimanale, la data del Natale e quella della Pasqua. Anche qui procedette “alla Alessandro Magno”, tagliando nodi gordiani a colpi di diktat imperiali ai padri della Chiesa.
Il sovrano cercò di assimilare le festività più apprezzate e seguite dai romani dell’epoca (lui era anche pontifex maximus, la più alta carica sacerdotale pagana dell’Urbe che il Papa di Roma ha in seguito fatto propria), come il dies solis, il giorno del dio solare orientale Sol Invictus, che divenne il giorno del Signore (dies dominica e infine domenica). Ancora oggi nelle lingue anglosassoni e germaniche la domenica è definita Sunday o Sonnentag (giorno del sole), vetusto relitto dell’antica divinità precristiana.
Anche il concetto di riposo domenicale ha natura sia pagana che costantiniana: fu l’imperatore a decidere che il primo giorno della settimana, ovvero il dies solis, doveva essere dedicato al riposo. Questa qualifica rimase anche quando questo divenne il dies dominica e i cristiani si limitarono a dire che il riposo equivaleva al giorno di culto della loro religione.

Stessa cosa avvenne per la Pasqua, che Costantino decise dovesse essere nettamente separata da quella ebraica, iniziando ad elaborare il concetto di triduo, i tre giorni che culminano con la morte e la resurrezione di Gesù e il Natale, dove attinse nuovamente dal culto del sole.
Il 25 dicembre, infatti, era la festa del Natalis Sol Invictus, che coincideva anche con tutta una serie di celebrazioni pagane ancora più antiche, come i Saturnalia (17-23 dicembre), riti di fertilità di natura agro-pastorale, dedicati a Saturno per propiziare l’avvento di una buona primavera dopo l’inverno. In queste occasioni si scambiavano doni (sic!) e si imbandivano grandi banchetti (secondo sic!). Il fatto era che nessuno sapeva esattamente quando Gesù Cristo fosse nato e ogni gruppo di primi cristiani aveva una sua data, come i basilidiani che celebravano tra il 6 e il 10 gennaio, gli egiziani che individuavano il giorno tra il 19 e il 20 aprile o altri il 28 marzo, in cui si pensava fosse stato creato anche il sole.
Ad ogni modo, per quanto i cristiani facessero proprie queste date per favorire la conversione, riempiendo la loro fede di riferimenti a Cristo come luce del mondo, il salvatore e via dicendo, tutti attributi del Sol Invictus, tale passaggio fu lungo e laborioso, tanto che nel suo sermone di Natale del 460 il Papa Leone si lamentava così: “È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei”.
Ma la Chiesa aveva il tempo, la struttura e le risorse per pazientare, sacrificando le forme per far passare la conversione. Uno dei successori di Leone, Papa Gregorio Magno, suggeriva ai suoi missionari che convertivano i popoli germanici o celtici di includere nel culto dei santi locali tutti gli elementi pagani più seguiti, modificando le storie dei martiri per farle coincidere con quelle delle divinità campestri.
Il Concilio si concluse solennemente il 25 luglio del 325, giorno del ventesimo anniversario di regno dell’imperatore Costantino, che nell’orazione finale ribadì la proibizione delle dispute cristologiche, approvò la datazione della Pasqua cristiana e proclamò trionfante la raggiunta nuova unità fraterna di tutta la Chiesa. Da Roma, Papa Silvestro, che non aveva partecipato ai lavori direttamente, dovette approvare quanto deciso dal sovrano.

Un’ultima chicca prima di tirare le somme nelle conclusioni finali: Costantino fu determinante nello sviluppo dirompente del cristianesimo all’interno dell’impero romano, trasformando un culto minoritario in quello privilegiato e promosso dal sovrano, ma tenne il piede in due scarpe fino alla fine.
Egli mantenne infatti il titolo di pontefice massimo della religione pagana, carica che era stata di tutti gli imperatori romani a partire da Augusto e che mantennero anche i suoi successori cristiani fino al 375. Costantino perseguiva probabilmente il proposito di riavvicinare i culti presenti nell’impero, nel quadro di un non troppo definito monoteismo imperiale. Le festività religiose più importanti del cristianesimo e della religione solare furono fatte coincidere come abbiamo già visto, mantenendo come riferimento centrale la figura del sovrano. Le statue del dio Sole erano spesso adornate del simbolo della Croce e a Costantinopoli furono eretti anche dei templi pagani.
Il cristianesimo aveva dalla sua una forte base ideologica e i suoi aderenti manifestavano una serietà e un rigore morale che il sovrano aveva imparato ad apprezzare, perciò decise di farne il pilastro di un impero che non riusciva a trovare altrettante risposte nella religione pagana, la quale non era in decadenza (come in molti libri si vuole far credere), ma risultava inutile ai piani di rinnovo spirituale della romanità. Costantino, con buona probabilità, reputò che con qualche aggiustamento e sotto il patrocinio e il controllo imperiale la nuova fede potesse essere un buon collante per Roma.
Il suo gioco di equilibri tra paganesimo e cristianesimo fu un azzardo che ripagò nel breve periodo, quando lui poté esercitare il suo carisma e potere assoluto, guadagnato con il pugno di ferro delle sue armate, ma scoppiò nelle mani dei suoi successori, sempre più succubi del nuovo establishment cristiano, che una volta al potere non tollerò più alternative a se stesso.

Costantino si convertì solo in punto di morte, per la concezione del tempo che con il battesimo si perdonassero tutti i peccati precedenti (e lui, secondo il metro cristiano, ne aveva collezionato molti, in numero e gravità), anche perché all’epoca non esisteva ancora il sacramento della confessione. Perciò il sovrano si ripulì la coscienza e si tenne aperte tutte le strade per l’aldilà, sia che fosse pagano (più tollerante) o cristiano (più severo). Un colpo da maestro, che dimostra le qualità pragmatiche di un fine politico romano, rispettoso delle forme e pronto a mercanteggiare con le regole imposte dagli dei.
Fu nei decenni e nei secoli seguenti che il cristianesimo divenne La Religione per eccellenza. Costanzo, figlio di Costantino, nel 341 proibì i sacrifici pagani, con minaccia di morte e sequestro dei beni per chi contravveniva e chiuse molti templi. Questa linea non venne rispettata e venne attenuata fino al 392 (con la parentesi del tentativo di reintrodurre la parità di tutti i culti con l’imperatore Giuliano, tra il 361 e il 363, perciò marchiato dai cristiani come l’apostata), quando Teodosio proibì l’esercizio pubblico del culto pagano, assimilato al delitto di lesa maestà. Nel 380 aveva anche proclamato il cristianesimo come religione di Stato di “tutte le nazioni soggette alla nostra clemenza e moderazione” definendo i non cristiani come “ripugnanti, eretici, stupidi e ciechi”. Nel 393, sempre sotto Teodosio, vennero proibiti i Giochi Pitici e Olimpici e venne dato il permesso ai cristiani di saccheggiare i templi ad Olimpia.
Il V secolo, l’ultimo dell’impero romano d’occidente, si apre con chiusure di templi, persecuzioni, saccheggi e linciaggi messi ad opera dai cristiani e sostenuti dall’autorità imperiale. Tutti i più grandi padri della Chiesa, come Giovanni Crisostomo, il santo Porfiro o il vescovo di Alessandria Cirillo aizzano le masse contro i pagani, non più protetti dalla legge di Roma. Nel 415 dei monaci linciano la filosofa pagana Ipazia, rea di parlare in nome della cultura e dell’antica religione. Nel 421 Teodosio II definisce il culto dei pagani come il culto del demonio, condannando al carcere, alla tortura e alla morte chi lo professa. Nel VI secolo l’imperatore Giustiniano priverà il paganesimo anche di ogni mezzo di espressione culturale, chiudendo la plurisecolare accademia di filosofia ad Atene, fondata da Platone.



Eppure nei secoli successivi, fino al IX almeno, sia il Papa in occidente che l’imperatore di Costantinopoli ad oriente furono alle prese con la repressione di pagani, con conversioni più o meno violente (a seconda del potere che la loro autorità poteva esercitare). Questo fatto ci deve far riflettere: in primo luogo non ci fu un miracoloso e indolore (come in molti credono o cercano di far credere) passaggio dal paganesimo al cristianesimo, ma fu un lento, costante e anche violento processo che in molti secoli debellò l’antica fede, assimilando o cancellando i suoi seguaci.
Questa linea venne tenuta anche nel medioevo, epoca buia dove a parlare sono solo i cristiani, unici depositari della cultura, che come avevano fatto i romani con i popoli sconfitti fecero con le religioni che via via trovarono, con l’operato dei missionari che convertirono i germani, gli slavi e i norreni o i conquistadores con inca e aztechi. Insomma nessun mistero e nessuna predestinazione, ma solo una grande, possente forza umana, che ha mutato per sempre l’andamento della nostra storia.
Ma come tutte le forze umane, anch’essa può subire la sorte di chi l’ha preceduta, rischiando di venire sostituita da altre forze che sorgeranno in futuro.

Alberto Massaiu

Fonte:https://www.albertomassaiu.it