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sabato 30 dicembre 2017

Il Penny Black

La filetelia racconta per immaggini le più importanti vicende storiche,un piacere estetico che si affina con il passare del tempo. Il Penny Black è l'inizio di tutto questo. Stampato in Inghilterra nel maggio 1840 per volere di Sir Rowland Hill , promotore della riforma postale inglese,porta inciso il profilo della Regina Vittoria , dai tratti raffinatissimi su un elegante fondo nero. Un vero capolavoro di antiquariato vittoriano.


OPUSCOLO DISTRIBUITO DA BOLAFFI



OPUSCOLO DISTRIBUITO DA BOLAFFI

sabato 25 novembre 2017

Vecchie schede telefoniche? Attenzione, possono valere 10mila euro

Non solo le monete possono nascondere valori insperati

 Non ci sono solo i centesimi di euro difettosi o le lire italiane rare a nascondere una valore che potrebbe cambiare la vita ai fortunati possessori; anche alcune vecchie schede telefoniche, di quelle che si utilizzavano al posto dei gettoni nelle cabine telefoniche degli anni ’90, possono essere preziosissime, specie se appartenenti a serie limitate.

Tra esse spiccano quelle della serie Numeri Utili, le cosiddette “Svegliette”, una serie sperimentale stampata nell’86 dalla Pikappa e venduta nei primi mesi dell’87 al salone dell’auto di Torino.
E ancora la famosa serie turistica di 5 schede realizzate dalla Technicard System all’inizio del 1989 composta da Torre di Pisa, Particolare di Michelangelo, Interno di Palazzo, Mulini a vento, Alberobello.
Spaziando dal 1976 al 2004 sono schede telefoniche di gran pregio le Sida (che si dividono in 3 gruppi: 1977-1981, 1982-1985 e 1986-1988, quelle della serie urmet bianca (1985-1986) e della serie (un po’ meno pregiata) urmet rossa (1986-1988), prodotte dalla ditta Mantegazza, la AIG numerica (2004). Tra le rarità brillano ancora la scheda Labirinto e le schede omaggio come la Beckman, le Jumbo, la Agentour Bandiera, le Cosentino, la Italpro, la serie Saage sovrastampata, la coppia 486 intel, la serie Alitalia e la serie Lufthansa.
Leggi anche:
Spiccioli d’oro: un centesimo di euro ‘difettoso’ può valerne 2.500
Monete rare: ecco le lire italiane che valgono una fortuna


https://quifinanza.it 

venerdì 10 novembre 2017

Grano Rosa

Questa è l'unica serie di francobolli emessa  nel Regno di Napoli. Al centro figura lo stemma delle Due Sicilie. Tale stemma è suddiviso in tre sezioni: a sinistra, un cavallo rampante volto a destra (emblema di Napoli ), a destra la Trinacria (emblema della Sicilia ) e in basso i tre Gigli (emblema dei Borboni ). Il nome Trinacria deriva dal greco "isola con tre promontori",in riferimento alla forma triangolare della Sicilia, ed è rappresentata dalla figura  della Gorgona  con tre gambe .La foto purtroppo non è delle migliori.


domenica 5 novembre 2017

Ecco le banconote che potevano cambiare l’entrata dell'Italia in guerra nel 1915: scoperti 4 esemplari sconosciuti



Non esistevano, non dovevano esistere, non c’erano prove dell’esistenza di quelle quattro piccole “banconote” da una, due, cinque e dieci corone austriache la cui conoscenza avrebbe potuto cambiare la Storia dell’Italia, alla finestra nei mesi d’esordio della Prima guerra mondiale.
Invece quei quattro biglietti con sovrastampa e marca fiscale (insomma, banconote), stampati nella massima segretezza dal Governo nel 1915 a Torino, erano adesso schierati sulla scrivania di Gerardo Vendemia, trentenne casertano, esperto mondiale di cartamoneta che non ne ha trovato tracce nei cataloghi e nei registri ministeriali. Esemplari ignoti e unici. 

ESEMPLARI UNICI
Davanti ai suoi occhi spalancati per quel “colpo”, che nella vita di un collezionista può anche non capitare mai e che costringerà all’integrazione dei testi di numismatica, cominciava un vertiginoso viaggio nel tempo aperto da mille domande: che cosa sarebbe accaduto se quelle ignote “banconote d’occupazione”, in quel frenetico aprile-maggio 1915, fossero state sventolate in Parlamento da Giolitti, leader dei Neutralisti? Come avrebbe giustificato il governo Salandra quelle “banconote” che rivelavano la clamorosa intenzione di invadere i territori di Trento e Trieste dominati dagli allora alleati austro-ungarici?
Quattro “banconote” in doppia valuta, corone austriache e lire italiane (18 corone o 18 lire in tutto) per cambiare il corso della Storia italiana.

Il 26 aprile 1915, mentre il furibondo confronto politico pende sempre più a favore degli Interventisti, il governo, tenendo all’oscuro il Parlamento, firmò il Trattato di Londra con Gran Bretagna, Francia e Russia. Sul piatto Trento e Trieste, addio alla Triplice alleanza con l’Austria-Ungheria, addio alla neutralità e ai neutralisti giolittiani e cattolici: si andava alla guerra, ma gli italiani ancora non lo sapevano.
Segretissimo era quell’accordo e segreta doveva essere a quel punto l’affrettata stampa di quella cartamoneta in corone che l’Italia avrebbe diffuso nel Trentino e nel Friuli Venezia Giulia una volta scacciati gli ex alleati austro-ungarici. “Banconote d’occupazione”, prassi comune per le nazioni che allargano con la forza i confini. Vendemia, titolare del sito cartamoneta.com, mostra con orgoglio i biglietti dai colori tenui realizzati con carta comune dalle Officine governative di Torino e non da uno stabilimento della Banca d’Italia per garantire maggiore riservatezza: si usano biglietti già in corso di stampa, modificati con timbrature e marche fiscali per la doppia valuta.
LA MATTANZA
Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra e ben presto svanisce il sogno di un conflitto breve, sostituito dalla mattanza nelle trincee. 
E quella serie segreta di quattro “banconote” purtroppo non più così urgente da utilizzare? Per 102 anni non se n’è saputo nulla. Non ne erano mai stati trovati esemplari o riferimenti nei registri. Il massimo per un collezionista. È formidabile trovare qualcosa di raro, ma di cui è nota l’esistenza, figuriamoci quando ci si imbatte in qualcosa la cui realtà è ignota.
Il massimo sarebbe stato anche per un cronista ritrovarsi fra le mani, magari grazie a una “talpa”, magari un tipografo torinese neutralista, quei biglietti in quel “maggio radioso”: l’articolo sulle “banconote d’occupazione” avrebbe rivelato in anticipo la scelta interventista del Governo, forse avrebbe svelato all’opinione pubblica, e agli austro-ungarici, il patto di Londra. Se non a impedire l’entrata in guerra, la notizia di quelle quattro banconote avrebbe potuto ritardarla.
«C’è voluto parecchio tempo – racconta Vendemia, ingegnere – per completare le verifiche, per mettere a confronto cataloghi e registri. Poi la conclusione da brividi: questi biglietti fior di stampa (il massimo in fatto di conservazione) sono unici e vanno persino oltre il grado supremo della rarità, ovvero quella sigla “U” appunto per gli esemplari unici. Il governo Salandra, non c’è che dire, voleva agire in segreto e c’è riuscito ben oltre il suo mandato».

Ma in euro quanto valgono quelle quattro banconote? «Mancano precedenti, ma non mi stupirei che in Italia la serie toccasse quota 50mila euro, quotazione di rilievo anche per i mercati internazionali». Mistero per mistero, come ne è venuto in possesso? «Diciamo che sono stato contattato dall’erede di un funzionario di banca. Però qualche piccolo segreto, almeno per ora, me lo lasci».
FIOR DI STAMPA

Per dare la caccia ai tesori, Vendemia raggiunge spesso l’Inghilterra e la Francia, esamina collezioni. «E intanto si studia la Storia, la Politica e l’Economia. Ogni volta che si tiene fra le dita un biglietto raro ci si commuove viaggiando nel tempo e sulla carta geografica. A chi non è nativo digitale basta sfiorare le banconote delle vecchie lire per ripensare all’infanzia, oppure si resta senza fiato di fronte a banconote di artisti come l’incisore Trento Cionini. Roberto Mori, già direttore centrale per la Circolazione monetaria in Banca d’Italia, ha scritto che la moneta ha tanto da farsi perdonare. Ma al tempo stesso la moneta e la cartamoneta hanno tanto da raccontare». E mentre parla Vendemia mostra le diecimila lire “lenzuolo” del dopoguerra, le piccole “am lire” diffuse dall’esercito americano che risaliva l’Italia dal 1943 al 1945, le mille lire che si sognava di “avere una volta al mese”, le irraggiungibili banconote da 500 mila lire di Raffaello che ci hanno portato fino all’Euro. Un fruscìo di banconote che non ha nulla di venale.

Fonte :http://www.ilmessaggero.it

mercoledì 1 novembre 2017

UNA MONETA PER I 60 ANNI DELLA FIAT 500!

(di Antonio Castellani) | Basta con i programmi numismatici senza sorprese! Sembra essere questo lo spirito con cui l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha voluto inserire, senza che nemmeno un accenno fosse trapelato nei giorni precedenti, una ulteriore, originalissima moneta celebrativa tra quelle in emissione in questo 2017. Si tratta di una 5 euro in argento fior di conio creata dall’artista Claudia Momoni e dedicata alla Fiat 500, l’auto più amata dagli italiani che quest’anno festeggia i sessant’anni di vita.

La mitica Fiat 500 in un celebre manifesto pubblicitario d’epoca (source: archive)

Correva infatti l’anno 1957 quando, dagli stabilimenti di Mirafiori a Torino, usciva la prima Fiat 500 (in realtà, la Nuova Fiat 500 dato che la prima Fiat con questo nome era stata, nel 1936, l’indimenticabile Topolino). Simbolo del “Made in Italy”, la 500 uscita dalla matita di Dante Giacosa è stata l’automobile delle famiglie, del boom economico, dei primi viaggi e delle prime vacanze degli italiani, la più amata nella storia Fiat, ribattezzata con affetto “il Cinquino”.
Da allora ne ha fatta di strada, con i suoi oltre 5,2 milioni di esemplari prodotti, diventando una vera e propria icona italiana grazie all’inconfondibile design unito alla funzionalità, all’innovazione delle tecnologie e alla versatilità d’uso, tanto che ancora oggi la Fiat 500 continua a rinnovarsi e a percorrere le strade del mondo come simbolo del miglior stile italiano.
Un desgin senza tempo: dalla Fiat 500 di ieri a quella di oggi, due icone di stile in una moneta da collezione (source: IPZS)

Il Ministero dell’Economia e Finanze ha emesso la moneta giovedì 26 ottobre, con una tiratura di 4.000 pezzi per la versione fior di conio. Sul dritto è raffigurato, in prospettiva, il primo modello di Fiat 500, nato nel 1957, assieme alla versione attualmente in commercio, che richiama – attualizzandole in maniera esemplare – le soluzioni stilistiche dell’omonimo antenato; nel giro, la scritta REPUBBLICA ITALIANA.
Volante, cruscotto, vista laterale del “Cinquino” sui 5 euro appena emessi, a sorpresa, dalla Zecca italiana (source: IPZS)

Sul rovescio, invece, è raffigurata di profilo una vettura Fiat 500; nel campo di sinistra, le date 1957 e 2017, rispettivamente anno di produzione del primo modello Fiat 500 e anno di emissione della moneta e, a seguire, il valore 5 EURO; nel campo di destra, un particolare del cruscotto interno della vettura e R, identificativo della Zecca di Roma; nella parte inferiore, a sinistra, il nome dell’autore MOMONI e, al centro, lo storico marchio Fiat 500.
Una bella sorpresa per i collezionisti, questa moneta che – uscendo dal calendario delle celebrazioni “solenni” dedicate alla nostra arte e alla storia, ai personaggi illustri e alle grandi ricorrenze – esalta una icona pop del passato e del presente: una moneta fortemente “identitaria” per tutti gli italiani e che sarà sicuramente un successo. Come tutte le 5 euro commemorative tricolori, anche questa pesa 15 grammi di argento a 925 millesimi per 32 millimetri di diametro ed è commercializzata dalla Zecca al prezzo base di 40,00 euro.

Fonte http://www.ilgiornaledellanumismatica.it

lunedì 9 ottobre 2017

LE “TESSERAE NUMMULARIAE”, CODICI A BARRE DEL MONDO ANTICO

(di Fiamma Briziarelli) | Cosa sono i codici a barre? O meglio, a cosa servono? Per non parlare poi dei QR Code che troviamo ormai da ogni parte e come collegamento a qualsiasi tipo di prodotto o di fianco a qualunque tipo di locandina? I codici a barre sono nati in epoca contemporanea (per l’esattezza, nell’ottobre del 1948) come strumenti di gestione informativa del magazzino ed hanno un prezzo pressoché nullo. In linea generale lo stesso vale per i QR Code, che oltre a dare indicazioni sulla natura del prodotto, interfacciandosi con una tipologia di tecnologia più avanzata, conducono il “curioso” a tutta una serie di informazioni collegate al prodotto o all’evento al quale si riferiscono. Letto ciò verrebbe da pensare a quanto l’uomo moderno sia evoluto e a quanto durante nei secoli abbia imparato a creare strumenti di gestione che agevolino il suo quotidiano. In realtà, tuttavia, questa tipologia di codici deriva – non sappiamo quanto in maniera consapevole – da una “rivisitazione” di qualcosa già esistente in epoca romana, le“tesserae nummulariae”.


 Il primo studioso che introdusse questo termine fu Rudolf Herzog, all’inizio del XX secolo. Le tesserae nummulariae”, proprio come un codice a barre appunto, avevano una forma abbastanza standard: erano infatti dei bastoncini di osso o di avorio con la testa arrotondata ed il corpo della forma di un parallelepipedo o simile. Erano dotate di un foro sulla testa o sulla gola (parte di congiunzione tra testa e corpo) per permettere agli addetti al controllo di cassa, a banchieri o mercanti, di fissare la tessera ad un sacchetto mediante una corda garantendo il contenuto, quindi, proprio come un vero e proprio codice a barre dei nostri tempi, racchiudeva in sé informazioni fondamentali che “dovevano viaggiare assieme al contenuto dell’involucro”, perché fosse ricostruibile la storia di quello specifico sacchetto. Infatti, sulle quattro facce delle “tesserae nummulariae” troviamo: 1) il nome dello schiavo o del liberto o di colui che aveva controllato la somma racchiusa; 2) il nome del proprietario del banco al genitivo; 3) il verbo “spectavit” con indicate la data (giorno e mese); 4) l’indicazione dell’anno suggerita dalla coppia consolare in carica.
 Essendo di fatto dei piccoli oggetti e, ovviamente, “non potendo essere interrogate” tramite un lettore di codici od una moderna app, il nome del “nummularius” è sempre espresso mentre le altre indicazioni sono sporadiche, inoltre lo spazio è ristretto per cui tutte le parole sono abbreviate ad eccezione del nome del padrone. In base alle fonti letterarie ed epigrafiche romane, i “nummularii”, ovvero i cambiavalute, avevano la funzione di cambio, di prestito e si occupavano anche di affari privati; erano figure distinte dagli “argentarii”, cioè dai banchieri e cambiavalute di rango sociale e disponibilità finanziare maggiori.

Esemplare di “tessera nummularia” conservato al British Museum (source: web)

 Le tessere nummularie marcano quindi l’avvenuta ispezione (“spectatio”) del sacchetto contenente la somma di un determinato proprietario e garantendo così la genuinità e rispondenza del contenuto e l’assenza di monete, ad esempio, suberate. Partendo dal primo studio dell’Herzog ed arrivando ad oggi si conoscono 163 esemplari di tessere nummularie, tutte databili tra il 96 a.C. e 88 d.C. e rinvenute quasi tutte in territorio italiano.
 Stando all’arco cronologico di tutte le tessere conosciute è possibile verificare la vita – relativamente breve – di questo dispositivo di controllo all’interno del sistema economico romano, andando a coprire poco meno di due secoli della storia di Roma e proprio quelli interessati dal passaggio fra la Repubblica e l’Impero. Quindi, questi oggetti, evincono con le loro caratteristiche ed il loro utilizzo la necessità di monitorare e di avere una tracciabilità delle informazioni inerenti “il contenuto del sacchetto”, in un momento storico – fine del II secolo a.C. e inizio del I secolo a.C.- in cui la monetazione che interessava le province romane crebbe notevolmente e i traffici che portavano beni di consumo e persone verso Roma e l’Italia aumentarono a dismisura dopo il periodo dei Gracchi.

Un altro esemplare facente parte delle collezioni londinesi (source: web)   

Proprio come i codici a barre, dunque, aumentando i movimenti di persone e prodotti, già gli antichi romani si resero conto della necessità di poter monitorare le indicazioni di base delle monete e dei prodotti, nonché del deputato al controllo; nell’evenienza si fosse verificato qualche ammanco lungo il “passaggio di mano in mano” e quindi sia l’evoluzione del contenuto del sacchetto, che lo spostamento di luogo in luogo dello stesso. Da qui si iniziò ad avere una mescolanza notevole di monete aventi peso e valore diverso in tutto il mondo romano, ma questa è un’altra storia.

Fonte:http://www.ilgiornaledellanumismatica.it

venerdì 29 settembre 2017

La zecca belga chiuderà a fine 2017

La zecca reale del Belgio cesserà le sue attività il 31 dicembre 2017.
Lo ha annunciato lo stesso ente, che dunque metterà fine alla produzione di monete. La zecca belga ha coniato monete a partire dal 1830.
La chiusura ha motivazioni economiche e si deve in particolare agli alti costi di produzione dei piccoli nominali (1 e 2 centesimi) e alla sempre maggior diffusione dei pagamenti elettronici.
Non è ancora chiaro chi conierà le monete belghe a partire dal prossimo anno. La produzione potrebbe anche essere affidata ad un’azienda privata.
I venticinque dipendenti sono destinati a ricoprire altri incarichi pubblici. Tra essi vi è anche Luc Luycx , autore dei lati comuni delle euromonete ordinarie.

martedì 12 settembre 2017

LA CONIAZIONE UFFICIALE DEL 70° ANNIVERSARIO FERRARI

Disegnata da Flavio Manzoni è coniata dalla Zecca dello Stato in oro e in tiratura limitata.
Nell'innovativo ed esclusivo cofanetto, disegnato appositamente dal Centro Stile Ferrari, ritroviamo una sottopedaliera di metallo, la stessa che viene montata sulle vetture Ferrari di produzione.


sabato 26 agosto 2017

Svelato il mistero della tavoletta sumera: furono i babilonesi a inventare la trigonometria


PER più di 100 anni quella tavoletta matematica era rimasta un mistero indecifrabile. Ora però la chiave del "Plimpton 322", un manufatto di argilla di circa 3700 anni, è finalmente stata svelata e ci dice che furono i babilonesi a scoprire la trigonometria e non i greci.
 
Gli scienziati della dell'Università del Nuovo Galles del Sud (UNSW Sydney) hanno infatti scoperto lo scopo di quella che è considerata la tabella trigonometrica più antica e più precisa del mondo e che probabilmente veniva utilizzata in passato per calcolare come costruire palazzi, templi, piramidi e costruire canali di irrigazione. Lo studio è stato pubblicato su Historia Mathematica
 
Per il team guidato dal matematico Norman J. Wildberger i babilonesi inventarono l'uso dei triangoli nei modelli matematici ben mille anni prima degli antichi greci. La tavoletta, che si pensa sia originaria dell'antica città sumera di Larsa ed è datata tra il 1822 e il 1762 aC,  fu ritrovata in Iraq nei primi del Novecento dall'archeologo Edgar J. Banks. Oggi è custodita  presso la Columbia University di New York.
 
E' composta da una serie di numeri incisi in caratteri cuneiformi disposti in quattro colonne e quindici file, con parti incomplete. "Il Plimpton 322 ha interrogato i matematici per anni" spiega il ricercatore Daniel Mansfield e grazie alle parti mancanti delle sequenze numeriche ricostruite dall'università australiana si è stabilito che il reperto rappresenta "la più antica tavola trigonometrica del mondo", precedendo di oltre mille anni quella dell'astronomo e geografo greco Ipparco. 
 
Finora era infatti era Ipparco ad essere stato a lungo considerato il padre della trigonometria. "Plimpton però precede di più di 1000 anni" ricorda ancora Wildberger. Secondo il matematico, questa scoperta "apre nuove possibilità, non solo per la ricerca matematica moderna, ma anche per l'insegnamento. Con Plimpton 322 abbiamo una trigonometria più semplice e accurata che presenta chiari vantaggi rispetto alla nostra. Vantaggi che si potrebbero utilizzare in futuro", ad esempio nei sistemi della grafica digitale.
 
"Il mistero enorme, finora, era il suo scopo, perché gli antichi scribi hanno svolto il complesso compito di generare e ordinare i numeri sul tablet. La nostra ricerca rivela che Plimpton 322 descrive le forme di triangoli ad angolo retto usando una nuova tipologia di trigonometria basata su rapporti, non angoli e cerchi. È un lavoro matematico affascinante che dimostra un indubbio genio" concludono i ricercatori.
 

lunedì 14 agosto 2017

Tutte le monete euro ordinarie (2002-2017)

Questa immagine mostra tutte le 266 monete ordinarie emesse finora dai paesi dell’area euro.
Sono mostrate sia le variazioni dei lati comuni (avvenute nel 2007), sia quelle delle facce nazionali. Queste ultime sono state causate soprattutto dai cambi di regnanti (Monaco, 2006, Paesi Bassi 2014, Spagna 2015, Vaticano 2005-2006-2014), ma anche per una semplice volontà di cambiare i disegni (Belgio 2008, Spagna 2010, San Marino 2017 e Vaticano 2017).

fonte :http://numistoria.altervista.org


Cliccate sull’immagine per ingrandirla (dimensione: 2,20 MB)








mercoledì 2 agosto 2017

Comicus - Alan Ford

Alan Ford, uno di noi
af1Si tratta del più longevo fumetto italiano di stampo umoristico-sociale con caratteri di verosimiglianza seppure in presenza di una spiccata propensione per il grottesco. In edicola dal 1969, nel pieno boom del formato pocket nel quale viene tutt'oggi proposto - le star erano soprattutto i "neri" (Diabolik e gli epigoni) - grazie alla geniale intuizione di Luciano Secchi, in arte Max Bunker, e del suo sodale Roberto Raviola (ossia Magnus), già protagonisti del suddetto fenomeno dei noir con Kriminal e Satanik.
Alan Ford è un grafico pubblicitario che diviene agente segreto quasi per caso, opera all'interno del Gruppo TNT, un'organizzazione che cela la sua attività presso una fioreria e tiranneggiata dal Numero Uno, il capo.
Svariati e caratteristici sono i suoi compagni di avventura così come gli antagonisti, sempre più spesso negli anni recenti prelevati dalla realtà contemporanea.
Negli ultimi tempi il biondo protagonista agisce da investigatore privato insieme a una nuova compagna, Minuette Macon e lo stratagemma letterario voluto da Secchi, divenuto dal 1983 editore in proprio dei suoi personaggi dopo la felice stagione vissuta presso la Editoriale Corno, sembra aver dato i frutti sperati, con una rinascita del character il quale sembra essersi scrollato di dosso una certa patina di stantio.
Nel corso degli anni alla testata originaria ne sono state affiancate altre, sia di ristampe che di inediti. Tra queste segnaliamo la prima collana di riproposte, "Gruppo TNT" caratterizzata da una cornice bianca in copertina, le due serie "Special" per un totale di 34 albi inediti e i 14 volumetti de "Le storie del Numero Uno" dove l'anziano leader del Gruppo TNT rimembra a modo suo le gesta di personaggi storici.
Tutti gli albi sono firmati per i testi dallo stesso Secchi-Bunker, mentre ai disegni si sono alternati alcuni tra i più interessanti artisti dell'avventuroso a fumetti italico: ricordiamo almeno l'immenso Magnus e l'ottimo successore Paolo Piffarerio, fino all'attuale (da decenni) stella della casa editrice MBP, Dario Perucca.
Un fumetto leggero intriso di satira politico-sociale, ancora attuale nonostante gli inevitabili periodi di involuzione, per una testata che da ormai 40 anni fa compagnia agli appassionati.

fonte:http://www.comicus.it

lunedì 31 luglio 2017

2 Centesimi di Euro Italia 2003

Chi colleziona monete Euro sa bene che questa monetina è molto difficile da reperire ,nonostante sia stata coniata in ca 21000.000 di esemplari .

venerdì 28 luglio 2017

Le monete d’oro svizzere (1883-1949)

La monetazione aurea emessa dalla Svizzera tra il 1883 e il 1949 comprende monete da 10, 20 e 100 franchi rispondenti ai criteri metrico-ponderali adottati dall’Unione Monetaria Latina. Vediamole in dettaglio iniziando dal taglio emesso per primo, nonché il più comune: quello da 20 franchi.

20 franchi (marengo)
Metallo: oro 900
Peso: 6,452 grammi
Diametro: 21 millimetri
Spessore: 1,25 millimetri
La moneta da 20 franchi è stata coniata dal 1883 al 1949 ed è quella più diffusa, essendo stata prodotta in 58.634.296 pezzi. Per conoscere il valore delle annate più comuni potete consultare questa pagina, alla voce “marengo”.
Della moneta da 20 franchi sono state emesse due tipologie:

Primo tipo: Libertà (1883-1896)
Dritto: busto diademato e laureato della Libertà e legenda CONFŒDERATIO HELVETICA. Sul diadema vi è la legenda LIBERTAS.
Rovescio: stemma di Stato svizzero sormontato da una stella e circondato da una corona di ulivo e quercia. Data.
Questa tipologia di marengo fu incisa da Eduard Durussel e sul contorno presenta la scritta DOMINUS *** PROVIDEBIT ********** (con l’eccezione degli esemplari datati 1883).
Tirature
1883: 250.000 (contorno rigato)
1886: 250.000
1887: 176
1888: 4.224
1889: 100.000
1890: 125.000
1891: 100.000
1892: 100.000
1893: 100.000 + 25 oro di Gondo
1894: 120.600
1895: 200.000 + 19 oro di Gondo
1896: 400.000 (esiste una variante con il contorno differente: DOMINUS *** ********** PROVIDEBIT)
Per “oro di Gondo” (gondogold) si intende l’oro proveniente dalle miniere di Gondo (canton Vallese), un paese di montagna a sud del Sempione, vicino al confine con l’Italia. Già al tempo dei Romani nella zona di Gondo si estraeva l’oro. Tra il 1660 e il 1691 la miniera di Gondo visse i suoi anni migliori, grazie alla famiglia Stockalper. La miniera fallì nel 1897.
La coniazioni con l’oro di Gondo sono caratterizzate da un colore più chiaro e sono riconoscibili soprattutto per la punzonatura di una piccola croce al centro della croce svizzera. A causa del così limitato numero di pezzi (25 nel 1893, 19 nel 1895, 29 nel 1897) ovviamente il valore è elevatissimo; la bassissima tiratura ha spinto alcuni autori a considerare queste monete come delle prove.

Secondo tipo: Vreneli (1897-1949)
Moneta incisa da Fritz Ulysse Landry (1842-1927).
Dritto: busto giovanile di donna (Vreneli), con acconciatura da sposa; bavero decorato con edelweiss (stella alpina); montagne sullo sfondo. In alto, HELVETIA; in basso a destra, firma dell’incisore F. LANDRY.
Rovescio: stemma di Stato svizzero posto su rami di quercia e contornato dalla legenda 20 FR. In basso, data e segno di zecca B (Berna).
Vreneli è il diminutivo di Verena, che è la personificazione della Svizzera. L’identità della modella è incerta: potrebbe trattarsi di Françoise Kramer-Egli (1859-1946) di Neuchatel, ma anche di Rosa Tännler (1878-1946) di Gadmen (Oberhasli).
Contorno 1897-1935: 22 stelle (il numero di cantoni dell’epoca)
Contorno 1947-1949: AD LEGEM ANNO MCMXXXI
Tirature:
1897: 400.000 + 29 oro di Gondo + 12 esemplari di prova con ritratto differente
1898: 400.000
1899: 300.000
1900: 400.000
1901: 500.000
1902: 600.000
1903: 200.000
1904: 100.000
1905: 100.000
1906: 100.000
1907: 150.000
1908: 355.000
1909: 400.000
1910: 375.000
1911: 350.000
1912: 450.000
1913: 700.000
1914: 700.000
1915: 750.000
1916: 300.000
1922: 2.783.678
1925: 400.000
1926: 50.000
1927: 5.015.000
1930: 3.371.764
1935: 175.000
1935-L: 20.008.813
1947: 9.200.000
1949: 10.000.000
Si tenga presente che quando fu creata, la moneta da 20 franchi era utilizzata normalmente nei commerci, ma nel 1935 il valore dell’oro contenuto superava quello nominale del 40%: un marengo era arrivato a valere 28 franchi. Per questo motivo la coniazione venne sospesa.
La moneta datata 1935-L merita un approfondimento. Essa fu coniata dal 1945 al 1947: ne vennero coniate 3.500.000 nel 1945, 7.108.813 nel 1946 e 9.400.000 nel 1947. Questi marenghi presentano la data 1935 per evidenziare che le monete presentavano la stessa quantità d’oro di quelle coniate prima della svalutazione del franco, avvenuta nel 1936. Le monete coniate nel dopoguerra sono facilmente distinguibili da quelle prodotte nel 1935 grazie alla lettera L (sta per Lingot) che compare a sinistra della data.
Il rapporto Eizenstat redatto dal governo degli Stati Uniti nel 1997 sostenne che tra il 1939 e il 1945 la Germania trasferì alla banca nazionale svizzera i lingotti d’oro confiscati in vari Paesi europei, per un valore complessivo (stimato nel 1997, quindi oggi molto superiore) di 4 miliardi di dollari. In particolare il rapporto si sofferma sul problema dell’oro rubato agli ebrei e agli oppositori politici uccisi dai nazisti, ventilando anche l’ipotesi che parte di quel metallo (soprattutto denti d’oro) sia poi stato usato nel dopoguerra per coniare i marenghi svizzeri. Questa tesi venne sostenuta anche da una televisione inglese, che ha fatto analizzare due marenghi del dopoguerra e vi ha trovato un tenore di mercurio (usato nelle amalgame dentali) più alto del normale. In realtà queste accuse, oltre a non essere dimostrabili, sono anche inconsistenti; basti pensare che nel 1945 l’esercito americano trovò ben 20 tonnellate di “oro dei morti” in Germania, nella miniera di salgemma di Merker (Turingia). Quest’oro non era stato rifuso: il governo nazista non aveva osato affidare al personale della zecca degli oggetti originali così compromettenti; la maggior parte dell’oro proveniente dai campi di concentramento non è mai stata messa in circolazione. Inoltre nel luglio del 1946 il controllo delle finanze registrò che per la coniazione dei vreneli 1935-L la zecca ha utilizzato solo lingotti in suo possesso prima dello scoppio della guerra. I detrattori della Svizzera hanno contestato anche la datazione delle monete: perché datare 1935 i marenghi emessi dieci anni dopo? Per farle passare come monete “pulite”? In realtà chi avanza queste critiche dimentica che i 20 franchi coniati dal 1945 al 1947, come già detto, sono facilmente distinguibili da quelli prodotti nel 1935 grazie alla lettera L. Quel che è certo è che attualmente l’oro rubato alle vittime dei nazisti è sparso nelle riserve auree di tutto il mondo, comprese quelle degli Stati Uniti e degli altri paesi alleati.

10 franchi (mezzo marengo)
Metallo: oro 900
Peso: 3,226 grammi
Diametro: 19 millimetri
Spessore: 0,90 millimetri
Contorno: rigato
Dritto: busto giovanile di donna (Vreneli), con acconciatura da sposa; bavero decorato con edelweiss (stella alpina); montagne sullo sfondo. In alto, HELVETIA; in basso a sinistra, firma dell’incisore F. LANDRY.
Rovescio: in alto, stemma di Stato svizzero in una corona di raggi di luce. Al centro, legenda 10 FR. In basso, intrecciati tra loro, un ramoscello di rosa alpina (rhododendron hirsutum) e di genziana. Data e segno di zecca B (Berna).
La moneta da 10 franchi è stata coniata dal 1911 al 1922 in 2.650.056 pezzi. Di seguito, le tirature annuali:
1911: 100.000
1915: 200.000
1913: 600.000
1914: 200.000
1915: 400.000
1916: 130.000
1922: 1.020.000
100 franchi
Metallo: oro 900
Peso: 32,258 grammi
Diametro: 35 millimetri
Spessore: 2,20 millimetri
Contorno: DOMINUS *** PROVIDEBIT **********
Dritto: busto giovanile di donna (Vreneli), con acconciatura da sposa; bavero decorato con edelweiss (stella alpina); montagne sullo sfondo. In alto, HELVETIA; in basso a sinistra, firma dell’incisore F. LANDRY.
Rovescio: in alto, stemma di Stato svizzero in una corona di raggi di luce. Al centro, legenda 100 FR. In basso, intrecciati tra loro, un ramoscello di rosa alpina (rhododendron hirsutum) e di genziana. Data e segno di zecca B (Berna).
La moneta da 100 franchi è stata coniata solo nel 1925 in appena 5.000 esemplari.
 fonte :http://numistoria.altervista.org/blog

venerdì 14 luglio 2017

50.000 monete celtiche rivedono la luce .

Due archeologi dilettanti armati di metal detector hanno scoperto tra le 30 e le 50.000 monete celtiche nascoste ai Romani più di 2.000 anni fa.
Il tesoro nascosto, stimato valere tra i 4 e i 19 milioni di euro, si trovava a Baillwick, sull’isola di Jersey, un metro sotto a dei terreni agricoli che ricercavano da ben 30 anni.
Si tratta del più grande ritrovamento di monete celtiche nel Nord Europa.


Gli esperti ritengono che a nasconderle sull’isola fu la tribù dei Coriosoliti della vicina Bretagna (l’antica Armorica), nel nord della Francia, per impedire di essere trovate dalle legioni di Giulio Cesare, intorno al 50 a.C.
Lo sorso febbraio Reg Mead e Richard Miles avevano già trovato nel campo alcune monete antiche. Inizialmente la coppia aveva rinvenuto circa 120 monete, ma quando il segnale del metal detector è diventato molto forte, hanno immediatamente contattato degli archeologi professionisti.

 “Sono venuti e hanno iniziato a scavare e non riuscivamo a credere quante monete ci fossero. Sono alla ricerca di cose come queste dal 1959 e non avevo mai trovato nulla di così grande. Abbiamo ricercato quella terra per 30 anni perché sapevamo che un contadino aveva trovato qualche segnale. Non è una questione di soldi per noi – l’emozione della scoperta è semplicemente fantastica”.


Il tesoro è stato portato al Jersey Heritage Centre. Un’inchiesta deciderà a chi appartiene, mentre i proventi della vendita dovrebbero essere condivisi con il proprietario terriero.
Ad ogni modo, gli scopritori e il proprietario terriero vorrebbero che il tesoro venisse esposto sull’isola.
The Indipendent
Fonte :https://ilfattostorico.com

domenica 9 luglio 2017

Un piccolo passo indietro nel tempo !

Locandina del 1996 dove si pubblicizzava ìl "Gobbo di NotreDame" Il neo film cartoon Disney di allora e relativa vendita di gadget presso quello che oggi è Auchan , allora "Città Mercato".

mercoledì 28 giugno 2017

Le "Noci da Preghiera" Gotiche: Rarissime Miniature Intagliate nel Legno di Immenso Valore

Annalisa Lo Monaco

 Altissime guglie appuntite ed enormi vetrate colorate di imponenti cattedrali, sono solitamente le prime cose che vengono in mente quando si parla di arte gotica. Eppure, esistono poche e rarissime opere d’arte gotica, talmente piccole da poter essere tenute agevolmente in mano.
 Anzi, era proprio questo lo scopo di queste preziose miniature lignee, che furono create da sconosciuti artisti come oggetti di devozione religiosa personale, destinati alla nobiltà dell’epoca.
Queste incredibili “noci da preghiera” furono prodotte, si presume in numero limitato (oggi ne rimangono appena 150), tra il 15° e il 16° secolo, soprattutto nei Paesi Bassi e nelle Fiandre.
 Ogni pezzo è sorprendente, ricavato in un unico pezzo di legno di bosso, materiale duro ma dalla grana fine, particolarmente adatto ad essere intagliato, e piacevole al tatto dopo la lucidatura.
 Esternamente possono apparire semplicemente come sfere di legno, o figure decorative, ma quando si aprono rivelano un’incredibile opera d’intaglio, la cui precisione talvolta non è apprezzabile ad occhio nudo.


Giudizio Universale e Incoronazione della Vergine

 

Adorazione dei Magi in basso

Gli intricati rilievi rappresentano episodi del Vecchio e Nuovo Testamento (Adorazione dei Magi, Gesù che entra a Gerusalemme), ma anche narrazioni non presenti nella Bibbia, come l’Incoronazione della Vergine.
 Religiosamente significativi, questi oggetti risultano preziosi per l’incredibile quantità di dettagli, che richiedevano una lunghissima lavorazione: secondo le storiche dell’arte Lisa Ellis e Alexandra Suda, per completare ogni miniatura occorrevano circa 30 anni!
 Si trattava quindi di costosi oggetti di lusso, status symbol prodotti nella gran parte su commissione, per personaggi di altissimo rango: Enrico VIII d’Inghilterra, Caterina d’Aragona, l’imperatore Carlo VI erano tra i possessori di questi oggetti unici.
 Oggi, queste minuscole opere d’arte, possono essere ammirate alla Art Gallery of Ontario, al Metropolitan Museum di New York, e al British Museum (all’interno del Lascito Waddesdon). Data la loro rarità, sul mercato dell’arte hanno un valore immenso, e l’ultima asta di un oggetto simile ha raggiunto l’impressionante cifra di 133.250 sterline.