Il progetto di un circuito in Sicilia nacque nella fantasia di Vincenzo
Florio nel 1905 dopo la disputa della Coppa Florio a Brescia. In quegli
anni ormai avvolti nel mito del personaggio, l'automobilismo nasceva e
prosperava in Francia e Florio, rampollo di una fortunata famiglia che
aveva ereditato le grandi fortune accumulate dal genio commerciale e
industriale del senatore Vincenzo Florio, strenuo rappresentante del
commercio siciliano nel mondo, si trasferiva continuamente in terra
francese, e manteneva stretti ed affettuosi rapporti con Henry
Desgranges.
L'idea matrice della “Targa” fu un “giro” di strade che riunisse in
qualche centinaio di chilometri tutte le accidentalità, tutti gli
svantaggi, i problemi, i bisogni, le difficoltà di un qualunque viaggio
automobilistico. Il contributo del Club Alpino Siciliano portò alla
scelta del tracciato delle Madonie, anche per merito del conte
d'Isnello.
La prima Targa Florio fu regolarmente ed esemplarmente disputata il 5
maggio 1906. Il Sen. Florio mise a disposizione dei partecipanti le navi
delle sue compagnie, e con traguardo a Buonfornello, e percorso sul
grande circuito delle Madonie, con una pittoresca teoria di bersaglieri
piantonati lungo i punti-base del tracciato, la corsa scattò e visse la
sua prima avventura.
Il grande circuito delle Madonie, Km. 146,901, scattava dal rettilineo
di Buonfornello e si snodava attraverso Cerda, Caltavuturo, Castellana,
Petralia Sottana, Petralia Soprana, Geraci, Castelbuono, Isnello,
Collesano, Campofelice di Roccella e Buonfornello.
Vinse Alessandro Cagno su Itala in 9 ore e 32 minuti e 22'' e secondo
fu Ettore Graziani anche lui su Itala, terza la Berliet di Bablot: come
dire che l'affermazione della nascente industria italiana fu squillante.
L'epopea di Vincenzo Floiro era iniziata: di una gara “che ha lo scopo
altamente utilitario di mettere in evidenza non già le auto eccezionali,
ma le migliori vetture di tipo ed uso comune, ed il criterio intorno
alla consistenza, cioè al valore delle industrie dell'auto”.
Un'epoca che trasformava il volto delle cittadine: del gran quartier
generale della corsa Termini Imerese ad esempio; e che nello stesso anno
faceva scrivere al pioniere alcune considerazioni illuminanti su una
rivista universale d'automobilismo, con testo francese e tedesco, e che
ha lasciato ai posteri la storia di quegli anni avventurosi.
Ma
nessuna forza al mondo avrebbe ormai potuto impedire a Florio di dare
corso alla sua epopea. ... Il 22 aprile 1907 si disputò la seconda
edizione e l'industria automobilistica d'Europa si trasferì a Termini
già dieci giorni prima della corsa, con i suoi dirigenti, i suoi tecnici
e massicce squadre di operai. Una città sovvertita nelle sue abitudini,
attraversata in lungo e in largo da questa invasione di automobili in
un asfissiante boato di motori fischiettanti.
“Se la prima impressione è quella che conta, io dovrei
conservare della Targa FlorIo un ricordo sgradevole, come il mal di
mare. Poiché era autentico mal di mare quel malessere che mi aveva
assalito verso la fine dei lunghi 108 chilometri del Circuito delle
Madonie, la prima volta che li percorsi, dopo aver infilato, una dopo
l'altra, tutte quelle curve: quante non so dirvi, benchè mi fossi
prefisso di contarle.
Perchè il Circuito delle Madonie non è un percorso stradale come tanti
altri – sia pure celebri per le loro difficoltà – è una burrasca di
curve che dura per oltre cento chilometri.
A percorrerlo in corsa, alle medie che oggi si raggiungono, si ha più
l'impressione di trovarsi su di un motoscafo alle prese con le più
capricciose onde marine, che non su di una macchina stabilmente piazzata
su quattro ruote.
Avete mai provato a contare le onde del mare? Compito abbastanza arduo:
no? Ebbene lo stesso sarebbe a voler contare le curve del Circuito
delle Madonie. C'è chi dice che sono 1500; chi dice che sono più di
2000, chi non meno di 5000. Io non posso dirvelo per via del mio mal di
mare, ma è certo che sono tante e l'una diversa dall'altra, e l'una
all'altra vicinissima sì che giustifico l'impressione della burrasca di
curve in cui venni a trovarmi in quell'indimenticabile primo giro del
Circuito, caro Vincenzo Florio, non per nulla armatore di navi e di
organizzazioni; armatore e campione degli sports meccanici in terra e in
acqua.
E' il fascino delle difficoltà e del rischio. Il vero automobilista non
ama la strade facili, come il marinaio non ama il mare tranquillo.
E come in Italia vengono da tutte le parti del mondo per ammirare le
bellezze della nostra terra, i capolavori della nostra arte, le vestigia
della nostra civiltà millenaria, così in Italia s'ha da venire per
vivere questa gara che non ha l'eguale. E quando un costruttore –
italiano o straniero che sia – vuole dar lustro alla sua marca e
garantire la bontà della sua produzione e delle sua vetture, non ha che
da scegliere questa gara, la sola, che agli occhi del pubblico di tutto
il mondo dia il responso che non si discute.
Remota io recente, la consacrazione della Targa Florio l'ebbero tutte
le grandi marche europee. ... Se tu ne rifai la storia è tutto
l'automobilismo italiano che passa dinanzi ai tuoi occhi come in una
visione, con le sua manifestazioni liete o tristi, con i suoi campioni,
con le sue conquiste.
Ed al tuo cuore di italiano e di sportivo la Targa Florio appare allora
non più come una manifestazione di tecnica o di sport o di propaganda,
ma come l'espressione più completa e più potente delle nostre conquiste
in campo che sembrava precluso a noi popolo di artisti, di poeti e di
guerrieri
”.